FIORI DI BACH: FARE AMICIZIA CON LE EMOZIONI

di Maria Chiara Verderi
 

Le emozioni sono reazioni innate e automatiche del nostro organismo agli stimoli reputati significativi, dal punto di vista della sopravvivenza e della continuazione della specie, provenienti dall'ambiente esterno (minacce, aggressioni, suoni forti, spaventi, ...) o anche dall'ambiente interno (dolore fisico, sostanze nocive, febbre e altre malattie, esposizione al freddo...).
 Le informazioni significative che ci colpiscono attraverso i sensi generano immediatamente una situazione di allarme e quindi molte risorse cerebrali sono chiamate ad occuparsi del problema. L'obiettivo è uno solo: di fronte ad un pericolo o ad altre reazioni emotive intense non abbiamo tempo da perdere nè risorse mentali da sprecare, ogni nostra risorsa viene utilizzata per prepararci ad attivare reazioni efficaci e molto veloci.
Un'altra funzione importante delle emozioni è quella di trasmettere agli altri il contenuto delle nostre risposte. Darwin per primo osservò che sia gli esseri umani di tutte le culture sia gli animali posseggono un repertorio di espressioni che, in momenti ad alto impatto emotivo, hanno il compito di avvertire gli altri delle intenzioni comportamentali successive. Se notiamo un cane che mostra i canini possiamo immediatamente dedurre che la cosa migliore da fare è allontanarsi! Anche negli esseri umani l'espressione della rabbia non è poi molto diversa.

Quando un impulso attira la nostra attenzione si verificano nel nostro organismo tutta una serie di attività neuronali e chimiche volte a mettere l'organismo in condizione di rispondere il più rapidamente possibile allo stimolo. I sensi inviano le informazioni all'ipotalamo e da lì partono due serie di segnali: uno ormonale diretto a ipofisi e ghiandole surrenali che produrranno una mobilizzazione generale delle risorse dell'organismo. Una gran quantità di energia viene sottratta a funzioni che in quel momento non sono urgenti e resa disponibile per affrontare la situazione critica.  L'altra via, quella nervosa, incrementerà l'attività cardiaca, la pressione e il flusso sanguigno così che, senza nemmeno averci consciamente pensato, ci ritroveremo l'apparato muscolare perfettamente pronto all'azione.
L'effetto è più o meno questo: "Attenzione! succede qualcosa!" "Dobbiamo allontanarci o avvicinarci?" "Ok! Allora AZIONE!"

Le emozioni principali o di base comunemente classificate sono paura, rabbia, disgusto, sorpresa, gioia e tristezza.
Oltre ai meccanismi automatici l'educazione e l'acculturazione apportano un insieme di strategie di decisione socialmente ammissibili e desiderabili che, a loro volta, rafforzano la sopravvivenza.
I sentimenti, invece, sono le esperienze mentali private di una emozione, sono l'esperienza di ciò che il corpo fa mentre prova un'emozione.
La nostra vita è costituita da cicli continui di emozioni seguiti da sentimenti di cui veniamo a conoscenza e che a loro volta generano nuove emozioni in una polifonia continua che accompagna i nostri pensieri, le nostre azioni ed i nostri comportamenti.

Quando siamo in preda ad una eccitazione emotiva, questa inevitabilmente dominerà e controllerà il nostro pensiero razionale. Viceversa il pensiero razionale non riuscirà a prendere il posto delle emozioni. Le emozioni ci capitano, sono al di fuori della nostra volontà, non possiamo generarle a comando e non possiamo avere un controllo diretto su di esse.
Vale a dire che non basta ripetersi che l'ansia scompaia affinchè questo accada o sentirsi raccomandare di "non pensarci più" per sentirci meglio.

Platone ritiene che l'intelletto dell'uomo debba tenere sotto controllo la forza delle passioni proprio come ad un valente auriga è dato guidare la smania dei destrieri.
La cultura cristiana condivide all'origine l'identica diffidenza nei confronti delle passioni e delle emozioni che le alimentano e si orienta a concepire la norma morale come la "recta ratio" che governa il cosmo, alla quale occorre conformarsi rendendo irrilevante la passione, le sue illusioni e suggestioni.
Persino il sistema giuridico tratta i delitti passionali diversamente dagli altri proprio ad indicare la grande difficoltà a contenere e controllare le azioni che scaturiscono dalle esplosioni emotive.
In realtà le emozioni in se stesse non sono nè buone nè cattive, sono semplicemente un aiuto fornitoci dall'evoluzione e che noi possiamo usare più o meno bene.

Moltissimi sono i metodi per aiutarci a contenere i nostri stati emotivi, oggi tutti noi abbiamo la fortuna di poter scegliere tra una vasta gamma di sistemi e discipline, bisogna solo trovare quello che più ci convince e con cui siamo più in sintonia.
Ho potuto osservare che il metodo del dott. Bach è un aiuto eccellente indirizzato proprio a questo fine.
Ho constatato in molteplici occasioni che l'effetto dei Fiori riesce a dare invariabilmente un equilibrio a persone e animali in difficoltà con delicatezza e naturalezza. Non esistono stati emotivi negativi: esistono invece stati emotivi in disequilibrio. Non dobbiamo sopprimere le nostre emozioni ritenute inaccettabili, innanzi tutto perchè è pressochè impossibile e secondariamente perchè ogni emozione ed ogni stato emotivo hanno un lato magnifico e benefico. Come diceva il dott. Bach, non dobbiamo eliminare uno stato emotivo bensì intensificare le qualità positive di quello stesso stato affinchè vengano rimosse quelle negative corrispondenti.

Scrive Stefan Ball del Bach Centre nel suo libro "I Fiori di Bach":
"Sono "medicine" per le emozioni, il cui scopo è portare in equilibrio gli stati mentali negativi e risolvere i difetti del carattere sviluppando le virtù corrispondenti. Ciò significa che ognuno di noi può ottenere i benefici salutari derivati da una vita emozionalmente equilibrata. Poichè sono uno strumento semplice che ognuno può imparare ad usare, ci danno la possibilità di avere il controllo sulla nostra vita emozionale. Noi tutti possiamo essere in armonia con noi stessi e, come la Psiconeuroimmunologia sta dimostrando, basta questo per farci sentire meglio e più in salute."   


Maria Chiara Verderi

Ringrazio Beppe Giacobbe di cuore per la sua gentilezza nel permettermi di impreziosire questi pensieri con due delle sue bellissime illustrazioni!





Estratto da "IL COUNSELING INTEGRATO NEL PERCORSO ONCOLOGICO - L'ESPERIENZA DI UN VOLONTARIO COUNSELOR"

di Daniela Buvoli Scordamaglia BFRP - 2010

 





 

"Noi dobbiamo accogliere la nostra esistenza quanto più ampiamente ci riesca:
tutto, anche l'inaudito, deve essere ivi possibile.
E' questo in fondo il solo coraggio che a noi si richieda:
il coraggio di fronte all'esperienza più strana,
più prodigiosa e più inesplicabile che si possa incontrare (...)
Non ricavate conclusioni troppo rapide a quello che vi accade;
lasciate che semplicemente vi accada."          (R.M.Rilke - Lettere a un giovane poeta)


"Da alcuni anni sono volontaria d'accompagnamento presso il reparto Oncologico e ora anche presso l'Hospice che si trovano all'interno dell'Ospedale di Casalpusterlengo. Occasionalmente sono disponibile anche per il servizio domiciliare. (...)
Sono consapevole che i modi di relazionarsi sono molteplici e dipendono dalle situazioni, dalle persone e dai momenti e come la mente ha una sua memoria, esiste anche una memoria del corpo.
Volevo imparare a essere presente e stare in ascolto dell'Inspiegabile, stare aderente al mio sentire senza indossare vesti non mie, stare nelle situazioni, fermarmi con presenza, corpo, pensieri, sentimenti.
Talvolta il malato e la malattia si osservano solo dal lato tecnico e non ci si sofferma sulle sensazioni e sentimenti o su sguardi vulnerabili e insicuri: gli occhi guardano, ma l'anima ed il cuore non partecipano se lo sguardo è vuoto d'interesse e l'orecchio non percepisce la musica tra due note o il silenzio tra due onde del mare.
"con che pace
con che splendore
sale la luna ad oriente"

Così ho iniziato la mia navigazione.

LE TECNICHE COMPLEMENTARI
Le tecniche complementari sono una serie di interventi che si avvalgono di saperi e abilità acquisiti e vengono mantenuti attraverso un percorso formativo specifico.
Sono applicabili a quasi tutti i malati, privi di effetti collaterali, non sono invasive o cruente, possono essere integrate a qualsiasi trattamento convenzionale e richiedono un contatto più frequente e prolungato con il cliente. Possono essere utilmente affiancate alle cure ufficiali sia infermieristiche che mediche e possono essere parte integrante del piano di cura in ambito preventivo, curativo, riabilitativo, palliativo e di accompagnamento della persona. Se vissute con consapevolezza, con compassione e con il cuore possono fare la differenza nella relazione perchè fanno parte di un progetto formativo individuale che porta ad un più ampio processo di cambiamento dell'individuo.

STEFANIA NELL'ANIMA
Stefania è entrata nella mia vita inaspettata. L'ultima cosa che avrei immaginato era che proprio l'oncologo con la psicoterapeuta mi chiedessero se fossi disponibile ad accompagnare questa giovane donna, caso non facile. Figlia unica, sposata senza figli, volitiva e consapevole, fin dall'inizio della malattia aveva voluto prendere in prima persona tutte le decisioni che la riguardavano.
Mi fu annunciata la sua patologia e un forte dolore lombare che la stava facendo molto soffrire.
L'oncologo sentiva che un sostegno ed un accompagnamento avrebbe potuto giovarle, ma Stefania rifiutava categoricamente gli approcci della psicologa: il cancro era suo.
L'oncologo, che sapeva delle tecniche complemetari che io usavo, le ha proposto massaggi, Reiki e rilassamenti e lei ha accettato.
(...)
Ho sperimentato che in genere i pazienti non sono negativi nei confronti di un sostegno anche con queste tecniche, ma sono altresì convinta che è necessario essere bene integrati in èquipe per valutare di volta in volta con la psicoterapeuta, i medici e gli infermieri, le persone che necessitano di un tale sostegno e che ci deve essere un buon coordinamento.
(...)
Se la richiesta di Stefania all'inizio era puramente fisica (il mal di schiena), poi è andata pian piano verso la richiesta di un accompagnamento personale e di ricerca di senso.
(...)

I FIORI DI BACH
Il cammino di Stefania attraverso i Fiori di Bach è stato per me stupefacente, nel vedere come durante i mesi cambiavano i suoi stati d'animo e la sua consapevolezza e come i Fiori fino all'ultimo hanno siglato il suo percorso e le hanno permesso di prendere consapevolezza e trascendere le sue emozioni.
Le sono stati proposti dopo che la nostra relazione si era approfondita e lei si affidava sia alla light touch terapy che ai rilassamenti. Dalle condivisioni, infatti, trasparivano forti emozioni che ancora non condivideva ed i Fiori le hanno permesso un'ulteriore presa di coscienza del suo cammino esteriore ed interiore.
Stefania è sempre stata consapevole e partecipe del significato di tutti i rimedi, fino agli utlimi scelti e condivisi, che ha assunto consapevolmente anche il giorno della sua morte.

I primi Fiori:
Mimulus per la grande paura di non guarire. Per il bisogno di coraggio.
Rock Water per la sua rigidità nei confronti di se stessa e dei suoi principi.
Red Chestnut perchè prima di se stessa continuava a preoccuparsi per i genitori e per il marito.
Agrimony: era profondamente triste e impaurita, ma di fronte agli altri si metteva una maschera.
Star of Bethlehem per affrontare ed integrare il trauma subito sia per la diagnosi, sia per lo shock in ospedale.

Poi:
Mimulus per la paura che sempre l'accompagnava e per la continua richiesta di coraggio.
Beech per l'intolleranza sempre più forte nei confronti del marito.
Cherry Plum perchè temeva di lasciarsi andare a gesti un pò violenti nei confronti del marito (gli aveva tirato un paio di piatti ed un posacenere...)
Crab Apple per uno sfogo alla pelle dato dalla chemioterapia e perchè non accettava certi cambiamenti nel suo corpo.

Poi:
Mimulus: la paura di non farcela ed il bisogno di coraggio non la mollavano mai.
Olive per l'estrema stanchezza fisica e mentale dovuta alle cure.
Pine per i sensi di colpa nei confronti di se stessa perchè si riteneva responsabile della sua malattia.
Impatiens: era irritata perchè doveva sbrigare ancora delle cose, andare in studio ecc. e non poteva aspettare.
Holly: il sentimento verso il marito si era tramutato in rabbia e rancore per quello che non dava a lei e concedeva a se stesso.

Poi, quando ha cominciato a peggiorare e le è stata proposta la cura sperimentale:
Mimulus per la paura che non la lasciava e per il grande bisogno di coraggio.
Gentian: era triste, pessimista e delusa e temeva di non farcela:
Larch: aveva bisogno di riprendere fiducia in sè e nelle proprie capacità di ripresa.
Willow per il senso di impotenza di fronte alla situazione che peggiorava e che doveva subire.
Scleranthus per la decisione riguardo la cura sperimantale.

In Hospice:
Walnut per il cambiamento dovuto all'operazione ed all'aggravarsi delle sue condizioni.
Mimulus sempre per farsi coraggio e avere meno paura.
Aspen per il senso di smarrimento per ciò che avrebbe potuto accaderle.
Gorse: sentiva di non avere più speranza. Era consapevole che ci sarebbe voluto un miracolo.
Holly: era molto arrabbiata e portava rancore al marito per la separazione, perchè non capiva le sue motivazioni ed era egoista.

Gli ultimi Fiori:
non ha più voluto Mimulus e sono stati scelti:
Walnut perchè era pronta a lasciare la vita, voleva andare e non voleva essere influenzata da chi l'amava e ancora la tratteneva.
Impatiens: era impaziente di andarsene e non ce la faceva più ad aspettare.
Oak per il suo senso del dovere che la spingeva a battersi fino in fondo anche quando era sfinita e per dare tempo agli altri di staccarsi da lei.

(...)

Perfettamente cosciente Stefania ha chiesto i Fiori fino a tre ore prima di morire perchè sentiva che l'aiutavano e le gocce erano oramai gli unici liquidi che riusciva ad accettare perchè non riusciva più a deglutire.

Stefania mi ha salutato, esattamente nove mesi dopo il nostro primo incontro, quasi una gestazione, la nascita di un nuovo essere, giorno per giorno, come una crisalide che diventa farfalla. Ma chi è la crisalide diventata farfalla? Stefania? Io? Ambedue? Sento che in questi nove mesi ognuna di noi due ha partorito l'altra."

"Non c'è essenza senza esistenza
nè esistenza senza essenza.

Le esperienze non si possono trasmettere
Ma solo descrivere
Perchè servano da stimolo a esperienze personali."   (Raimond Panikkar)

Daniela Buvoli Scordamaglia BFRP, Counselor, insegnante di Yoga, volontaria. 

Ringrazio di cuore Daniela che ha scritto queste parole e mi ha permesso di condividerle in occasione della conversazione sull'uso dei Fiori di Bach in Hospice che sono stata invitata a tenere al Master di secondo livello in Medicine palliative - Università degli Studi di Milano - Facoltà di Medicina - nel novembre 2012 


 

 

LA STORIA DEL NOSTRO AMICO M.

di Agnese Cattoretti BFRP- 2012


M., specializzato in medicina dello sport e geriatra, entra in ospedale il giorno del suo 59esimo compleanno e, dopo una settimana, verrà trasferito all'Hospice Floriani dell'Istituto dei Tumori. La sua situazione fisica è al limite: i valori del sangue e l'avanzamento delle metastasi partite da linfonodi nel collo e torace fanno decretare ai medici la terminalità.

Fin dal primo giorno del ricovero acconsente ad assumere i Rimedi.
Red Chestnut: ha due figli di cui una di 10 anni verso cui ha molta preoccupazione
Mimulus: ha paura del dolore e della morte
Sweet Chestnut: ha una compagna di 25 anni più giovane e di cui è fortemente innamorato e sente una dolorosa angoscia all'idea di doversene andare
Crab Apple: lamenta nausee devastanti che negli ultimi 5 mesi gli hanno impedito di alimentarsi con facilità e per la vergogna degli orrendi bozzi che gli stanno crescendo sul collo e vicino alla clavicola
Olive: lamenta una stanchezza infinita con mancanza di energia
Walnut: perchè dice di fare fatica ad abituarsi all'idea di essere lì, ai rumori della camera d'ospedale, agli odori, agli sguardi un pò spaventati di alcuni amici che lo vengono a trovare...

Dall'inizio del trattamento comincia a dormire bene, la giovane compagna riferisce di aver riscontrato che se si sveglia con agitazione questa viene placata nel giro di poco dall'assunzione dei Rimedi. Torna il buonumore. La vera forza fisica non è mai tornata (fa fatica ad alzarsi per andare in bagno) ma si sente decisamente più forte e la sudorazione che lo spossa viene sentita in modo meno sfibrante. Ha la sensazione di sentire un corpo più tonico.

Dopo 4 giorni circa chiede un rimedio per sentirsi più sprint, vorrebbe più voglia di fare, di vedere più persone, ecc. Viene aggiunto Hornbeam.

Viene trasferito all'Hospice. Verifico se per lui è un trauma ma è totalmente consapevole di cosa stia capitando e mi viene detto che era conscio da anni che sarebbe finita così. Il suo è proprio un dolore Sweet Chestnut.

Si prosegue con questo mix fino al giorno in cui gli si gonfia una gamba e M. si demoralizza di poter proseguire come è stato fin'ora. E' sconfortato. Viene tolto Olive perchè dice di non sentire più la spossatezza e viene aggiunto Gentian proprio per lo sconforto.

Con questo mix il suo umore ritorna immediatamente buono, decide di vedere la figlia che non voleva vedere perchè preoccupato che per lei fosse uno shock. E viene anche visitato dall'anziana madre 85enne. Dopo 2 giorni Gentian non serve più.

Una notte viene preso da un grande improvviso spavento (Rescue) e qui inizia una rapida china con periodi di incoscienza alternati a momenti di lucidità in cui ancora fa battute, scherza e ride.

La situazione precipita e l'ultimo periodo lo passa in semiincoscienza tranne una notte in cui apre gli occhi e dice "Buongiorno" all'infermiera e "Tu sei il mio amore" alla compagna. In questo periodo viene continuamente spruzzato Rescue tutto intorno.

La situazione si fa ancora più critica: blocco renale ed edema in tutto il corpo. L'acqua nei polmoni comincia ad essere invasiva quindi viene broncoaspirato ad intervalli di due o tre ore. Per questo motivo i medici lo sedano. Viene spruzzato Rescue tutto intorno.

Dopo 2 giorni il respiro torna regolare, è incosciente e sedato, si continua con il Rescue intorno.

Lo stato fisico è allo stremo, ma stenta a morire. Tutti: parenti, infermieri e amici si chiedono come mai riesca a resistere così a lungo. Finalmente l'ex compagna, che non vedeva da 8 anni e con cui era in contrasto, lo va a trovare: 5 minuti dopo che è uscita dalla stanza spira serenamente in soli 2 respiri.

Il giorno del decesso, dopo che la salma viene trasferita, interrogo una delle infermiere che lo aveva curato in questo periodo di ricovero in Hospice. Le chiedo sull'andamento di M. alla luce del fatto che sia stato trattato con i Rimedi e mi dice che ora si spiega come mai questo paziente fosse così tranquillo e i loro amici e parenti pure.
Non sono stati quasi mai utilizzati ansiolitici o ipnotici per indurre il sonno, dopo quella notte con quel grande spavento improvviso, ho fornito la sua compagna del Rescue e da allora non c'è più stato bisogno di alcun farmaco ansiolitico.

Riguardo alla morfina l'infermiera dice che una dose cospicua o piccola non sono indicative perchè dipende dalla soglia del dolore, ecc, del paziente, ma in M. è stato rilevato un basso dosaggio e soprattutto regolare, mai fatto boli, e in alcuni periodi addirittura staccata la pompa per varie ore.
La serenità cn cui M. ha trascorso questo periodo è incredibile anche rispetto alla paura del dolore e della morte che erano una caratteristica per cui lo prendevamo in giro quando mai avremmo pensato che lui sarebbe stato il primo tra noi amici ad andarsene.

I Rimedi hanno agito molto anche su tutte le numerose persone che si sono avvicendate al suo capezzale. E' stata una storia di grande dolcezza e M., che era stato il nostro skipper, maestro di sci, ciclista e organizzatore di gite indimenticabili, ci ha lasciato senza sciupare nemmeno per un attimo l'immagine di uomo sempre pronto alla battuta.

Agnese Cattoretti BFRP e insegnante di 1°, 2° e 3° livello Bach Centre

Ringrazio di cuore Agnese che ha scritto queste parole e mi ha permesso di condividerle in occasione della conversazione sull'uso dei Fiori di Bach in Hospice che sono stata invitata a tenere al Master di secondo livello in Medicine Palliative - Università degli Studi di Milano - Facoltà di Medicina - nel novembre 2012


  



I Fiori di Bach come "narrazione nel tempo della crisi"

di Achille Tironi - Volontario AHMIS (Amici Hospice Malattie Infettive Sacco)

 

Nulla accade due volte, nè accadrà

Nulla accade due volte
nè accadrà. Per tale ragione
si nasce senza esperienza,
si muore senza assuefazione.

Anche agli alunni più ottusi
della scuola del pianeta 
di ripetere non è dato
le stagioni del passato.

Non c'è giorno che ritorni,
non due notti uguali uguali,
nè due baci somiglianti,
nè due sguardi tali e quali.

Ieri, quando il tuo nome
qualcuno ha pronunciato,
mi è parso che una rosa
sbocciasse sul selciato.

Oggi, che stiamo insieme,
ho rivolto gli occhi altrove.
Una rosa? Ma cos'è?
Forse pietra, o forse fiore?

Perchè tu, malvagia ora,
dai paura e incertezza?
Ci sei - perciò devi passare.
Passerai - e qui sta la bellezza.

Cercheremo un'armonia,
sorridenti tra le braccia,
anche se siamo diversi
come due gocce d'acqua.

Wislawa Szymborska (Premio Nobel 1996 per la letteratura)

Ho scelto questa poesia per introdurci all'argomento in quanto esprime una forte sollecitazione a sporgere lo sguardo su "il lato sereno del mondo", che può rivelarsi solo affinando i nostri sensi.

Per accostare il mondo delle cure palliative è richiesta una vera e propria iniziazione a fare emergere in ciò che è tenue, pallido e flebile, il decisivo attaccamento ad una originalità personale che non può essere perduta.

L'uomo che qui incontriamo, anche nella passività più tremenda della malattia, continua ad essere il soggetto ativo di una rivelazione che chiede di essere accolta, nella sua imprevedibile bellezza, rinunciando a quella presunzione del "già visto" che, se da una parte sembra tranquillizzarci, di fatto ci rende ciechi, sordi e tardi di cuore.

Questa "apertura sulla novità" qualifica in modo prezioso l'azione di chi opera all'interno di una struttura di cure palliative ed è premessa insostituibile per poter instaurare relazioni significative, corrispondendo ai bisogni del malato e della sua famiglia.

E in maniera ancora maggiore tale "attitudine all'accoglienza" è richiesta ai volontari chiamati ad assicurare la loro presenza, dentro un lavoro di èquipe, come ascolto attivo, comprensione, vicinanza e sfida al dolore globale.

Nel rispetto dei diversi ambiti nei quali si coniuga il "prendersi cura" della persona, il volontario si confronta e misura con il vortice delle paure, preoccupazioni, ansie, inquietudini che, nei fatti, accentua gli effetti della malattia. La consapevolezza, con la quale l'intera équipe si fa carico di questi aspetti, esprime quella attenzione reale alla persona che privilegia il bisogno di serenità alla quale anela. Nei momenti della fatica e dello sfinimento, che caratterizzano l'ultimo tratto del percorso di vita, il malato con prognosi infausta sente il bisogno di comunicare il suo atteggiamento nei confronti della vita.

Come volontario che opera all'interno di un Hospice, fin dal primo istante ho preso atto della possibilità della cura avvolgente che si deve all'uomo, attuata attraverso i tratti di una pratica clinica che non rinuncia a misurarsi con la personale concretezza del dolore.

La presenza in questo ambito mi ha esposto ad un contagio benefico: passando attraverso un vissuto imprevedibile, ho finito per lasciarmi forgiare dalla stessa imprevedibilità, prendendo cioè fiamma dal fuoco. Ho avuto modo di recuperare il valore originale e insostituibile della quotidianità, partecipando alla continua "invenzione" di una medicina chiamata ad essere espressione consapevole e attenta della società civile.

Mi sono servite come orientamento queste parole: "Il volontariato non consiste nel fare una serie di cose ma consiste nella capacità di prendere parola su ciò che si è fatto per renderla comunicabile e cultura...Una comunità di cura è una comunità che si interroga su se stessa, sui propri processi di esclusione e di inclusione, e che trova il coraggio di mettere in discussione le strutture fondamentali della relazione che sta producendo".

Nella struttura delle cure palliative sono giunto a conoscere i "Fiori di Bach" e, coinvolto direttamente in preziosi momenti formativi, penso di poter descrivere quanto segue come narrazione di ciò che, irriducibile al biologico e allo psichico, può essere definito il tempo della crisi in cui si dilata e si vive l'inesorabile approssimarsi del morire.

Ho preso coscienza di appartenere anch'io inconsapevolmente a quel vivere vorticoso che diniega la morte e sono giunto a provare il disagio di non poter dare credito ai progetti irreali nei quali il malato, e i familiari, cercano rifugio. Ho accettato (e vorrei averlo fatto con maggior profitto!) di accompagnarmi alla fatica con la quale il malato compie il distacco da tutto ciò cui è legato, e mi è stato dato di accogliere le manifestazioni più vere della sua libertà.

Conosco la negazione, la collera, il risentimento con cui il malato terminale reagisce alla situazione; percepisco la paura, la rassegnazione, la accettazione dentro le quali si esprime il nesso ineludibile tra malattia, sofferenza e vissuto psicologico. Ma è proprio dentro questo crogiuolo che ho accolto la possibilità di sporgermi sul senso della vita, corrispondendo al bisogno del malato di esprimere la propria attesa di salvezza.

La malattia è stata occasione nella quale ha attecchito la prossimità di una relazione che ha coinvolto anche la mia libertà: mi sono lasciato istruire dalla sofferenza.

Un ruolo importante ha avuto in tutto questo l'attenzione alle emozioni (richiesta dalla pratica dei Fiori di Bach) come attenzione alla persona, accompagnamento reale.
I Fiori di Bach, iniziandomi ad una attenzione e ad un ascolto che mi hanno sorpreso, hanno contribuito a cambiare anche me. La vicinanza con il limite della vita mi ha consentito non solo di cogliere le emozioni, ma di restituirne insieme il senso, come senso del limite.

Tutto questo mi è sembrato trovare riscontro nelle parole del dott. Bach: "Per quanto ci riguarda, noi dobbiamo praticare la pace, l'armonia, l'individualità e la fermezza d'intenti. Dobbiamo sempre più convincerci che nella nostra essenza siamo di origine divina, siamo figli del Creatore e perciò abbiamo in noi, anche se ci curiamo poco di svilupparlo, il potere di raggiungere la perfezione. Questa realtà deve acquistare forza dentro di noi finchè diventerà il segno più evidente della nostra esistenza. Dobbiamo fermamente esercitare la pace interiore, immaginando la nostra mente come un lago da mantenere calmo, senza ombre e increspature che possano turbare la sua tranquillità. Sviluppando gradatamente questo stato di pace, arriveremo al punto in cui nessun evento, nessuna circostanza, nessuna personalità potranno in alcun modo agitare la superficie del lago o destare in noi sentimenti di irritabilità, di depressione o di incertezza".

Per coloro che devono varcare l'ultima soglia, possiamo immaginare tante cose utili, indispensabili. Tra queste trovano giustamente posto la terapia del dolore e le tecnologie biomediche che permettono di alleviare i sintomi.

Possiamo anche immaginare strutture sempre più adeguate per accogliere i malati terminali ed i familiari ed assicurare loro un tempo di vicinanza ed accompagnamento.

Ma tutte queste cose, pur essendo utili o persino indispensabili, non bastano: ciò che serve è l'ascolto, la parola, la relazione nella quale cogliere insieme l'ordito di una narrazione.   

Achille Tironi

Ringrazio di cuore Achille che ha scritto queste parole e mi ha permesso di condividerle in occasione della conversazione sull'uso dei Fiori di Bach in Hospice che sono stata invitata a tenere al Master di secondo livello in Medicine Palliative - Università degli Studi di Milano - Facoltà di Medicina - nel novembre 2012. 


 

IO ME LI RICORDO COSI'

di Maria Chiara Verderi


Tutte le persone che arrivano in Hospice raccontano storie e portano esperienze di vita speciali, ognuno a modo suo. Però alcuni, chissà come, finisce che ti rimangono nel cuore e nel ricordo come sprazzi luminosi di vita, come frasi urlate più forte nel brusio generale: "Ehi! Eccomi! Guardami! Sono qui!"
 
S. è arrivato in autunno e, superando ogni previsione,  è rimasto con noi per parecchi mesi. La sua mamma è una donna forte e volitiva, abituata a far fronte da tempo alla malattia e amorevolmente decisa ad accompagnare il figlio nel declino di una malattia che non lascia speranze.
E' rimasta, rasserenante presenza al fianco di S., un giorno dopo l'altro, instancabile ed efficientissima tanto quanto affettuosa e apparentemente serena. Sempre sorridente e disponibile la si incontrava in corridoio e nella cucinetta, sempre pronta a condividere il suo tempo con le infermiere, le suore e gli altri nuclei familiari presenti per gli stessi motivi in reparto.
Arrivava spesso con torte e manicaretti che offriva gentilmente a tutti insieme alla sua presenza dolcemente materna. In questo modo e con tali attenzioni è riuscita ad accompagnare S. raccogliendo intorno a lui le sorelle e A. con il quale divideva le ore di assistenza diurna e notturna.
Nella camera di S., come in tutte le altre, era posta una ciotola con i Rimedi del dott. Bach personalizzati per la persona ricoverata ma anche per i familiari.
In un primo momento Agrimony, Oak, Red Chestnut e Heather l'hanno aiutata a valorizzare gli aspetti positivi del suo carattere, smussandone le spigolosità che si accompagnano ad un carattere forte e realizzando in questo modo un clima di grande serenità.
In un secondo momento i suoi Rimedi sono stati Olive e Sweet Chestnut per aiutarla a sopportare meglio la fatica e l'angoscia a volte trattenute e poi, con semplicità, esternate.
Nei momenti finali, segnati dalla paura motivata dalle sempre più frequenti crisi respiratorie di S., Mimulus, Rock Rose e ancora Sweet Chestnut sono stati un aiuto prezioso per far fronte al terrore e all'angoscia scatenati dall'ineluttabilità della situazione.  

G. 73 anni, è arrivato in Hospice accompagnato dalla moglie che è rimasta al suo fianco per tutto il tempo.
I coniugi erano unitissimi ma la gravità della situazione ed il carattere soverchiante di G. finivano per innescare un eterno conflitto, che si manifestava con litigi continui e attacchi vicendevoli per qualsiasi nonnulla.
Le uniche occasioni in cui si ritrovavano in sintonia erano quelle in cui manifestavano sfiducia e aspra critica nei confronti degli operatori.
Questo comportamento generava un'atmosfera davvero esasperante e faticosissima.
Vine, Holly e Beech sono riusciti a ristabilire in breve tempo un clima favorevole grazie al quale entrambi i coniugi hanno trovato pace. Recuperata in tal modo la serenità sono riusciti a vivere più fiduciosamente gli interventi del personale fino agli ultimi istanti di G..

E. A., 51 anni  immigrato dal Marocco. Quando si è reso conto della gravità del suo stato è precipitato in un dramma interiore, incapace di decidere se rimanere in Hospice a Milano o se tornare a morire a casa, in Marocco.
Con l'aiuto dell'Assistente sociale e di una mediatrice culturale si riesce a prendere contatto con la famiglia e a comprendere la sua difficoltà nel prendere una decisione.
Scleranthus gli è stato offerto per aiutarlo a sciogliere questo tormentoso dilemma.
Alla fine ha scelto di tornare a casa ed è stato accompagnato all'aereoporto dal dirigente medico in persona che ha provveduto a dotarlo dei permessi necessari.
Già, perchè da noi, superando ogni ostacolo burocratico, succede anche questo.
Siamo abituati come società a ingigantire le difficoltà, a scrollare la testa dando più peso a ciò che non funziona rispetto a quanto di buono invece c'è, denunciando il deterioramento dei valori,  cedendo, a volte, all'egoismo che sembra imperante.
Eppure noi, in una notte di fine anno, abbiamo avuto il privilegio di assistere ad una azione di questo genere.
Una grandezza senza clamori fatta di gesti, ora piccoli ora grandi, da parte delle infermiere, dei medici, dei volontari, delle psicologhe, degli assistenti spirituali e di tutte le persone che danno il loro contributo nella cura delle persone qui ricoverate. 

J 92 anni, è una nonnina dolcissima e mansueta, di quelle che verrebbe voglia di abbracciare e coccolare in continuazione. Il problema non era la gravità della sua condizione fisica, bensì il fatto che si stava lasciando mitemente andare.
Con Olive è improvvisamente ringiovanita, ha rispolverato un caratterino niente male e ha cominciato addirittura a combinare delle marachelle.
E'stata successivamente ricoverata in una RSA, decisamente ringalluzzita.

C. 48 anni, ingestibile e rissoso con il gusto perfido di imbrattare tutto quello su cui riusciva a mettere le mani. Lo abbiamo visto una sera avventarsi, nello sconcerto generale, contro gli armadietti delle coperte e sconquassarli senza pietà in un frastuono roboante di lamiere.
I Rimedi Holly, Cherry Plum e Impatiens lo hanno accompagnato verso un deciso cambiamento.
Quando infine è stato ammesso in una comunità, anche se un pò preoccupato per la novità, si è congedato da tutti  allegro e di ottimo umore.

E poi per un periodo di sollievo è arrivato E., 84 anni, assolutamente riluttante dopo anni in cui la malattia lo teneva inchiodato in un letto quasi completamente paralizzato. Nei primi giorni si è dimostrato prepotente, arrabbiato, risentito e pretenzioso.
I suoi Fiori sono stati Heather, Honeysuckle, Willow e Gorse e, d'improvviso, ha dichiarato di vedere tutto positivo per la prima volta dopo anni, così inaspettatamente che quasi ne provava apprensione.
Ci ha confidato stupito la sensazione di vedere un "cielo luminoso e azzurro" sopra di sè e un giorno, commosso, ha raccontato di aver sognato, durante la notte precedente, di morire e poi di rinascere.
Prima di tornare a casa ha chiesto alla figlia di scrivere sul libro posto all'ingresso dell'Hospice:
"I volti da cupi si sono fatti luminosi di splendidi sorrisi e tutto quello che pareva negativo si è fatto improvvisamente splendido e positivo. Grazie anche per questo insperato finale. Il vostro affezionato E:".
Parole delicate come carezze, da parte di un poeta.

Maria Chiara Verderi


    

I FIORI DI BACH IN HOSPICE

di Maria Chiara Verderi


Quando una persona entra in una struttura come un Hospice di solito ha affrontato tutta una serie di analisi con esiti sempre più preoccupanti, ha seguito cure spesso dolorose e invasive. All'arrivo la persona spesso non sa esattamente cosa sia un Hospice né cosa accadrà. I sentimenti più frequenti, oltre al dolore fisico, sono paura, perdita della speranza, terrore, disperazione, preoccupazione per i congiunti, senso di colpa.

In questo luogo però medici e infermieri accolgono il paziente con affetto e comprensione, vengono approntate le cure migliori dato lo stato del momento e viene messa in atto immediatamente la cura del dolore. I tempi si dilatano, la frenesia cessa e il paziente viene accolto, riconosciuto come una persona e non più come una patologia e torna finalmente ad essere ascoltato.

Roberta caposala in un Hospice di Milano racconta: "Il malato in Hospice ha bisogno principalmente di relazione ed accoglienza. Ha bisogno di essere ascoltato. Un colloquio per la scelta dei Fiori di Bach fa sì che la persona si concentri su se stessa, cerchi di capire cosa prova e perché, la mette in condizione di sforzarsi di spiegarlo, di dare un nome alle emozioni che prova. Così facendo si riconosce e si fa riconoscere. Così facendo scopre di avere davanti qualcuno che la guarda e desidera capirla e conoscerla."

Questo qualcuno può accoglierlo con affetto e simpatia, è interessato ad ascoltare la sua storia, le sue esigenze e le sue emozioni. Può addirittura piangere con lui.

All'ingresso della persona in Hospice viene immediatamente predisposta una piccola ciotola sul comodino con il Rescue Remedy, il Rimedio del dott. Bach per l'emergenza e poi, dopo aver conosciuto il degente e aver ascoltato e osservato il suo carattere e il suo modo peculiare di reagire alla situazione, viene approntato un mix personalizzato di Rimedi il cui scopo è quello di riequilibrare le emozioni forti e dissonanti provate.

Possiamo scientificamente affermare che l'effetto rasserenante è stato provocato dai Fiori del dott. Bach?
No, scientificamente non possiamo dirlo. Sono troppi i fattori che contribuiscono al miglioramento della situazione del paziente: la differenza tra un reparto normale e l'Hospice, le cure psichiche e dell'anima e i farmaci antidolorifici, tutto finalizzato a dare serenità e dignità al malato nei suoi ultimi momenti. Un'umanità che raramente può essere vissuta in altri reparti in cui la gravità e l'urgenza delle situazioni costringe ad un  trattamento differente. Considerati però gli effetti che con i Fiori di Bach si ottengono su persone che non assumono altri farmaci e che vivono una vita all'insegna della quotidianità, su bambini piccoli, animali e piante posso essere ragionevolmente certa che anche i Fiori svolgano la loro parte in questa sinfonia.

Scrive Achille, volontario in Hospice: "...un ruolo importante ha avuto in tutto questo l'attenzione alle emozioni (richiesta dalla pratica dei Fiori di Bach) come attenzione alla persona, accompagnamento reale.
I Fiori di Bach, iniziandomi ad una attenzione e ad un ascolto che mi hanno sorpreso, hanno contribuito a cambiare anche me. La vicinanza con il limite della vita mi ha consentito non solo di cogliere le emozioni ma di restituirne insieme il senso, come senso del limite. (......) per coloro che debbono varcare l'ultima soglia, possiamo immaginare tante cose utili, indispensabili. Tra queste trovano giustamente posto la terapia del dolore e le tecnologie biomediche che permettono di alleviare i sintomi. Possiamo anche immaginare strutture sempre più adeguate per accogliere i malati terminali ed i familiari ed assicurare loro un tempo di vicinanza e di accompagnamento. Ma tutte queste cose, pur essendo utili o persino indispensabili, non bastano: ciò che serve è l'ascolto, la parola, la relazione nella quale cogliere insieme l'ordito di una narrazione."

Maria Chiara Verderi

dalla presentazione al Master di secondo livello in Medicina Palliativa - Facoltà di Medicina - 29/11/12


  

MA NOI CHI SIAMO?



"... Siamo tutti consapevoli che non sono soltanto i nostri corpi ad essere la causa delle nostre difficoltà. Non diciamo: "Il mio corpo è preoccupato, ansioso o depresso." ma: " Sono preoccupato, ansioso, depresso." Non affermiamo: "La mano si fa male" ma: "La mano mi fa male".
Se non fossimo altro che corpi, le nostre vite volgerebbero unicamente intorno all'interesse ed al guadagno personali; non cercheremmo altro che il nostro benessere ed il soddisfacimento dei nostri bisogni. Ma non è così.
Ogni sorriso, pensiero ed azione gentili, tutti gli atti compiuti per amore, simpatia o compassione degli altri dimostrano che in noi esiste qualcosa di più grande di ciò che possiamo scorgere; provano che noi portiamo una scintilla del Divino, che al nostro interno dimora un Principio Vitale e Immortale."
dott. E. Bach conferenza del 1936