STRESS E FIORI DI BACH
di Maria Chiara Verderi
Che cos'è lo stress? Lo stress (dal latino "stringere") è la pressione esercitata su di un oggetto, tale da danneggiarlo o fargli perdere la sua forma; nell'ingegneria meccanica è la proprietà di un metallo di sopportare la torsione e la trazione. Questo termine è stato preso a prestito dalla psicologia ed è diventato di uso comune per tutti noi.
Hans Selye fu il primo che iniziò a studiare lo stress nel 1936 circa. Selye definì lo stress come la reazione non specifica degli organismi viventi a fattori esterni nocivi.
La reazione allo stress non dipende, secondo lui, dalla natura dello stimolo ma dalla sua rilevanza per l'individuo. Definisce lo stress anche come Sindrome Generale di Adattamento e distingue in essa 3 fasi:
- FASE DI ALLARME: di fronte a uno stimolo reputato come un pericolo, ogni oganismo avvia una mobilizzazione delle sue risorse per far fronte e neutralizzare la minaccia.
- FASE DI RESISTENZA: se nonostante la reazione messa in campo la situazione minacciosa persiste, l'organismo mette in atto una strategia di resistenza in cui le risposte vengono accentuate e stabilizzate
- FASE DI ESAURIMENTO: se, nonostante tutti gli sforzi messi in atto la situazione persiste, l'organismo non avrà più risorse disponibili. Questa situazione può, alla lunga, portare danni all'organismo che potranno essere transitori ma anche portare alla morte.
Nel 1938 il dott. Walter Cannon nel suo libro "La saggezza del corpo" introduce il concetto di OMEOSTASI e cioè la proprietà dell'organismo di mantenere le proprie funzioni interne (Ossigeno, glucosio, temperatura, ph,...) entro valori accettabili. Questo concetto viene da lui inoltre esteso alle minacce psicosociali.
Di fronte a minacce o bisogni la risposta dell'organismo può richiedere non solo l'attivazione di processi fisiologici interni ma anche l'adozione di comportamenti ed azioni opportune da parte dell'individuo.
Lo stress è la risposta a tutto ciò che minaccia gli equilibri omeostatici. In sè non è qualcosa di negativo bensì è l'insieme dei processi che hanno come fine quello di preservare condizioni di equilibrio sia interne all'organismo sia dell'organismo stesso con l'ambiente esterno.
Quindi, secondo Cannon, quando siamo in presenza di uno stimolo stressante:
- Si verificano modificazioni sul piano fisico il cui fine è quello della produzione ed allocazione rapida dell'energia necessaria a sostenere la risposta
- Si attiva inoltre l'attivazione di un profilo comportamentale idoneo alle necessità contingenti
- lo stress è il tentativo di mantenere un equilibrio eliminando o riducendo la discrepanza tra una situazione reale o temuta e una situazione accettabile o ritenuta tale. Di fronte a qualcosa che ci minaccia c'è una richiesta di ripristino delle condizioni di equilibrio che deve essere soddisfatta e l'organismo si attiva in tal senso
- lo stress non è un fenomeno eccezionale o marginale. Le vie dello stress sono costantemente attive sia che l'individuo sia cosciente delle fonti di stress sia quando ne è inconsapevole. Lo stress è costantemente presente e fa parte del nostro comportamento. Se però la reazione è troppo attiva è facile che possa dar luogo a effetti secondari
- lo stress non è una reazione aspecifica come riteneva Selye. I circuiti che consentono di attivare la risposta sono diversi e diverse le modalità di risposta. (Asse ipotalamo-ipofisi-surrene, via chimica che attiva la produzione di cortisolo. Sistema ormonale midollare del surrene- produzione di adrenalina. Sistema nervoso simpatico- produzione di noradrenalina) Per ogni fonte di stress i cambiamenti sono associati a comportamenti più o meno articolati.
Se omeostasi significa tornare al medesimo stato di prima, l'allostasi è l'ottenimento della stabilità attraverso il cambiamento.
Noi non siamo una realtà statica nè lo è il mondo intorno a noi, perciò l'adattamento è un processo sempre attivo. Noi non torniamo mai esattamente alla situazione di prima e ogni cambiamento lascia una traccia.
Dal punto di vista della sopravvivenza i processi legati all'allostasi hanno effetti protettivi a breve termine ma nel lungo termine si determina un accumulo che viene definito carico allostatico.
Se il carico allostatico diventa sovraccarico l'organismo e tutto l'individuo cominciano a soffrire.
Da studi sulla rilevanza del carico allostatico nella previsione dello stato di salute nel futuro si è rilevato che quanto più è alto il carico allostatico (cioè siamo in presenza di alti livelli di stress) tanto più alti saranno a distanza di anni i livelli di mortalità generale e di malattie cardiometaboliche e tanto più bassi saranno i livelli di autonomia (come capacità fisiche e cognitive) delle persone .
Chi invece ha un carico allostatico basso o medio basso (e cioè è meno stressato) avrà una prospettiva di vita più lunga, più libera da malattie cardiovascolari e metaboliche con migliori abilità intellettive e funzionalità fisica.
La buona notizia è che lo stress, entro certi limiti, non è causato dall'entità effettiva degli stimoli avversi che l'organismo si trova ad affrontare bensì dal valore che lo stesso organismo conferisce loro. E' legato cioè alla lettura soggettiva degli avvenimenti. Naturalmente le richieste che vengono poste all'organismo sono dati oggettivi ma le valutazioni riguardo la possibilità di farvi fronte o meno è, in molti casi, soggettiva. Questo riporta, in parte, nelle nostre mani il potere o la possibilità di affrontare le cose.
Tra i molti sistemi a nostra disposizione per aiutarci a ridimensionare lo stress, posso segnalare i Fiori di Bach che, spesso, hanno un'efficacia notevole nell'aiutare a riequilibrare gli stati emotivi. Nel mio lavoro di counselor suggerisco spesso, se la persona lo gradisce, di integrare i colloqui con l'utilizzo dei Fiori e nella gran maggioranza di questi casi ho potuto osservare quanto i due sistemi riescano ad integrarsi e quali effetti positivi si possano ottenere grazie a questo connubio.
Dalla trascrizione della conferenza che il dott Bach tenne a Wollingford nel 1936:
"Nella vita ordinaria di ogni giorno, ognuno di noi ha un proprio carattere. Questo è composto dalle nostre preferenze, dalle nostre avversioni, dalle nostre idee, dai pensieri, dai desideri, dalle ambizioni, dal modo con cui noi curiamo gli altri, e così via.
Ebbene, questo carattere non appartiene al corpo, è della mente; e la mente è la parte di noi stessi più delicata e sensibile. Perciò non dobbiamo meravigliarci se la mente con i suoi vari stati d'animo sarà la prima a mostrare i sintomi della malattia; ed essendo così sensibile, sarà per noi una guida nella malattia migliore di quella dipendente dal corpo".
E ancora, poco più avanti:
"...E infine, un'ulteriore categoria: le persone che stanno bene, forti e in salute, e tuttavia hanno le loro difficoltà.
Il lavoro di tali persone è reso più difficile dall'ansia eccessiva di fare bene, oppure si sforzano e si stancano per il troppo entusiasmo; altre hanno paura di sbagliare, immaginandosi non così abili quanto gli altri; altre sono incapaci di decidersi su quello che vogliono; altre hanno paura che succederà qualcosa alle persone a loro care; c'è chi teme sempre il peggio, persino senza alcuna ragione; ci sono quelle che sono troppo attive e senza riposo e non sembrano mai in pace; quelle che sembrano troppo sensibili e schive e nervose, e così via. Tutti questi stati d'animo, sebbene non si possano chiamare malattie, causano infelicità e ansia; tuttavia possono essere tutti corretti e una gioia accresciuta entra nella vita".
Maria Chiara Verderi
D. Lazzari, F. Bottaccioli, A. Damasio, J. Ledoux, C. Pert, D.J. Siegel, D. Boadella - J. Liss, R.M. Sapolsky, R. Dawkins, V.S. Ramachandran, P.A.Levine, E. Bach
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