I Fiori di Bach nell'attraversare il guado

  di Achille Tironi - Volontario AHMIS (Amici Hospice Malattie Infettive Sacco) 

 

 

La conobbi attorniata da un nugolo di amici. Era distesa sul letto con il braccio sinistro consegnato ad una flebo e la sacca di alimentazione che incombeva sulla destra. Il viso aveva i tratti di una donna più vicina ai sessanta che ai cinquanta, ma da lei emanava ancora freschezza, forza e il fascino di un vissuto assaporato. Discorreva animatamente tranquillizzando i convenuti: l'espressione esibiva bagliori socratici, ma un occhio attento poteva cogliervi anche istanti di smarrimento e forse di black out interiore.

Alla presentazione di rito seguì una TAC integrale: lasciai che il suo sguardo mi scandagliasse e poi trovasse riposo nel mio che mai si era staccato dai suoi occhi. Ci eravamo incontrati e il silenzio era sufficiente a dirci che questo bastava: entrambi coltivavamo l'attesa di una conoscenza più approfondita, rimandata ad un momento meno affollato.

Nei giorni successivi aveva apprezzato il mio braccio come sostegno durante le prime escursioni in corridoio e, di ritorno, appoggiata al guanciale con un sorriso appena accennato, si disponeva a riprendere fiato e attendeva con paziente interesse qualche mia confidenza.

P. viveva uno spazio familiare ed io non ho memoria di una camera di ospedale abitata e vestita da così armoniosa presenza.

Sul tavolino aveva assiepato, con studiato distacco, i suoi strumenti di lavoro: computer, carte, libri e ricordi. Stavano lì per farle compagnia, senza imporre la loro presenza. Sul davanzale della finestra aveva disposto, come in un angolo di pasticceria, caramelle e biscotti riservati all'accoglienza di conoscenti ed amici. Aveva chiesto ed ottenuto un secondo comodino che subito aveva relegato a ridosso dell'armadio, collocandovi il materiale sanitario a lei destinato, coperto da un telo bianchissimo.

P. scandiva le ore del giorno e della notte utilizzando letto, poltrona e sedia, trascinandosi appresso, "Appesa al pennone", la sacca di alimentazione.

"Sono un'oca da ingrasso! Aspettano che cresca di peso per farmene un'altra". Riteneva che non ci fosse bisogno di precisazioni ulteriori per capire di cosa stava parlando e il sorriso si mimetizzava all'istante dentro un colpo di tosse.

La televisione era accesa solo all'orario di cena, dopo aver congedato gli amici venuti a farle visita. La ascoltava soltanto, tenendo gli occhi puntati sulla porta della stanza, perennemente spalancata.

Nel suo lavoro P. aveva riservato una collocazione centrale alle persone, proprio perchè per loro e con loro costruiva la scena, dentro la quale dava forma agli eventi che era chiamata ad organizzare.

Ma se per lei era naturale ascoltare io ritenni imperativo consentirle questo ruolo, diventando per lei una sorta di specchio destinato a riflettere le sue emozioni. Mio compito era filtrarle, attenuandone i picchi e mitigandone l'intensità.

P. conosceva i Fiori di Bach e non mi fu difficile corrispondere alle sue richieste lasciandole descrivere le emozioni con le parole che lei preferiva utilizzare. Poche parole, ben levigate come i sassi raccolti sul greto del fiume, ciascuna con dentro una storia.

Inquieta, si sentiva assalita, dilapidate delle sue energie, proprio in un momento in cui le chiamava tutte a raccolta. "Mi sento come in mezzo al guado. Mi è costato molto decidermi ad attraversarlo. Ora temo di non avere la forza di riuscire ad arrivare dall'altra parte. Guardo e mi sembra che la sponda si sposti sempre più lontano".

La malattia l'aveva aggredita con violenza ed ogni tentativo esperito per contrastarla si era rivelato inefficace. Aveva voluto conoscere con precisione il quadro clinico, condividendo con i medici di sottoporsi ad un possibile ulteriore tentativo, recuperando preventivamente la condizione per affrontarlo.

P. descriveva la sua paura come presentimento di non riuscire a raggiungere la sponda del guado e un'ansia mai provata prima la mordeva nella sua determinazione profonda (Aspen) provocandole una perdita di certezza, quasi una sensazione di svenimento. Era come se lei avesse accettato di tentare il guado senza una vera convinzione, ma solo per far piacere agli amici in camice bianco (Gorse).

Lei non era fatta così, sapeva misurarsi con la vita, dava del tu alle difficoltà senza abbassare lo sguardo: se c'era entrata, ora da questo guado intendeva pure uscire riacquistando le forze con le quali sarebbe ritornata anche la fiducia di riuscire (Olive).

Trascorsero un paio di settimane nelle quali si sforzava di coltivare ottimismo (Mustard). Mi cercava e mi ascoltava volentieri quando le raccontavo delle mie idealità di adolescente e di come la vita le avesse messe alla prova conferendo loro una concretezza inopinata.

P. si calava nel mio racconto apprezzando i colori con i quali descrivevo le mie emozioni. Lei desiderava tanto tornare a casa e ci coinvolse nella ricerca di una badante che, senza avere altre priorità, potesse assicurarle vicinanza e aiuto.

Benchè la sua situazione presentasse evidenti segnali di peggioramento lei continuò con perseveranza a definire in modo più preciso il suo obiettivo, facendo precedere al momento del suo ritorno a casa un fine settimana in casa di amici in riva al lago.

Decidemmo di sostenere questa sua attesa evitando che, per esaurimento delle forze, lei rimanesse schiacciata nella sua determinazione (Oak).

Si rendeva conto, anche se cercava di nasconderlo agli altri oltre che a se stessa, che si presentava davanti a sè una situazione che avrebbe richiesto inopinati adattamenti, capaci di minare la sua sicurezza (Walnut).

Con noi non utilizzò mai espressioni che autorizzassero a pensare che, assalita da angoscia e prostrazione, lei fosse ormai al limite. Nonostante questo modificammo la preparazione dei Fiori sostituendo Gorse, Olive, Mustard e introducendo una protezione per l'angoscia insuperabile (Sweet Chestnut).

Cercammo anche di aiutarla a rinunciare alle barriere che frapponeva alla manifestazione delle sue nuove emozioni (Agrimony) nascoste dietro un'apparente serenità. La notte non era più la stessa per lei, il fuoco dell'ansia aveva bisogno di essere spento (Mimulus) e la sua intransigenza corretta (Rock Water).

P. riuscì nel suo intento e trascorse un fine settimana in riva al lago, ospite di alcuni amici. Il rientro a casa con la badante durò poco più di una settimana e poi le complicazioni indotte dalle metastasi ormai fuori controllo la costrinsero ad un ricovero d'urgenza.

Feci in tempo a salutarla, sfiorandole la mano e leggendo il suo saluto dentro il movimento dei suoi occhi. Il giorno successivo l'accompagnammo con la preghiera.






Achille Tironi 

2 commenti:

  1. Achille sa descrivere con sensibilità e attenzione le sfumature della relazione e sentire le emozioni dietro le parole. Grazie di queste condivisioni nell'accompagnare i malati verso il Mistero e grazie anche ai malati che ci permettono di entrare nel loro giardino segreto e cogliere i fiori del ricordo

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  2. è proprio vero! grazie per queste belle parole che, sono sicura, toccheranno il cuore di Achille così come hanno toccato il mio!

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