COUNSELING IN HOSPICE: SOSTEGNO AL PERSONALE CURANTE
di Maria Chiara Verderi




L'hospice è la struttura in cui i malati terminali vengono accolti e accompagnati fino alla fine, in cui l'attenzione è incentrata sul paziente piuttosto che sulla malattia. Viene considerato preminente e centrale il concetto di dolore totale provato che, spesso, è un notevole dolore fisico reso ancor più spaventoso da quello psichico e spirituale.
In un reparto così particolare in cui i pazienti si trovano ad affrontare emozioni ad alto impatto come dolore, paura, rabbia, perdita, separazione, angoscia e disperazione, in cui vengono pesantemente coinvolti anche i familiari, che assistono impotenti alla fine del loro caro, in cui possono venire a galla dinamiche familiari e conflitti mai risolti, il personale deve essere preparato adeguatamente, in modo da poter fornire, oltre che cure mediche appropriate, anche supporto, ascolto, sensibilità e delicatezza.
Possiamo facilmente comprendere quanto incessante e impegnativo per loro debba essere lo sforzo per non venire travolti dalle emozioni così forti provate dai loro pazienti ma, per medici e infermieri che hanno studiato spinti dalla molla del desiderio di guarire e salvare le persone, è ancora più difficile e frustrante trovarsi a lavorare con pazienti che moriranno, se non proprio tutti, quasi tutti, per quanti sforzi si facciano.
Ciascuno di loro è ben conscio della situazione e pensa di aver assennatamente accettato questa difficile realtà, tuttavia può capitare, in maniera così subdola e graduale da non essere percepita per tempo, che qualcosa dentro di loro si spezzi. Specialmente chi è dotato di grandi capacità personali, lavora con grande entusiasmo idealistico e non riesce a distaccarsi dall'emotività altrui, fa più fatica a resistere e a sopportare a lungo l'incessante carico di dolore che questa situazione comporta. Quando alla fine il dolore ha saturato ogni aspetto della vita, l'unica soluzione sembra quella di allontanarsi dal luogo di lavoro, dai pazienti sofferenti, dai colleghi, da un ambiente che è divenuto impossibile da sopportare.
Questa è la sindrome del burnout, una particolare forma di stress lavorativo, che descrive le condizioni di esaurimento fisico ed emotivo riscontrato tra gli operatori impegnati nelle professioni d'aiuto, la quale, se non prevenuta, sottrae dal loro luogo di lavoro tanti bravi operatori, persone preziose, difficili da sostituire e che noi, come società, non possiamo permetterci di perdere.
Ecco, io penso che il counseling possa in quest'ambito trovare una delle sue più armoniose e perfette utilizzazioni. L'operatore della salute in burnout è una persona che si trova ad affrontare un malessere momentaneo, legato principalmente all'attività lavorativa, incarna cioè perfettamente la definizione di cliente del counseling.
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Nel 2009 ho proposto all'hospice dell'Ospedale Sacco di Milano di effettuare sessioni di counseling al personale curante. l'obiettivo è quello di offrire uno spazio di ascolto, in cui poter esplorare le proprie emozioni, al fine di ottenere una chiarificazione al proprio disagio e una ritrovata autonomia nelle scelte di azioni da compiere per risolvere le difficoltà.
Gli operatori hanno trovato giovamento e sollievo dagli incontri (da un minimo di 8 ad un massimo di 12), tanto che il clima generale ne è stato influenzato in maniera positiva ed in tempi decisamenti brevi.
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Maria Chiara Verderi

Pubblicato su www.assocounseling.it il 14/02/2011

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