LE TRE MARIE
di Achille Tironi - Volontario AHMIS (Amici Hospice Malattie Infettive Sacco)
La storia di Milano associa il nome "Le Tre Marie" all'antico forno della Corsia dei Servi. Ai milanesi del boom economico il marchio rammenta soltanto i profumi ed i sapori della Pasticceria del Corso che allietava le feste con una produzione di nicchia della tradizione meneghina.
Successivamente il prestigioso marchio "doc", benchè radicato nella storia di associazioni benefiche e confraternite della città, ha finito per identificare una produzione assai differenziata e rivolta ad una clientela più numerosa, più volubile che esigente, senza memoria del fatto che il sapore del pane, i profumi del burro e la delicatezza della pasta frolla si impastano con la farina di giorni difficili e belli insieme. Con lacrime e sudore, con delusioni e speranze sempre nuove: l'acqua, il sale e il lievito sono elementi preziosi, ma il sapore inestimabile viene dal fare e dal desiderio di crescere insieme.
Ho voluto etichettare con " Le Tre Marie" la vicenda tra noi di tre donne, per semplicità identificate con M., le tre Marie. Nel nostro caso, infatti, si è rivelato prodigioso il recupero di una memoria intrisa di profumi che hanno risvegliato le delicate carezze dei sogni, sufficienti a riconsegnare un presente non più abitato dalla paura ma trapuntato da istanti di gioia.
M1. ha appena compiuto 82 anni quando prende possesso della sua camera, al culmine di un Agosto clemente con i milanesi imboscati in città. E' avvolta nell'ansia e si insedia come una donna senza storia, proprio perchè ha troppe storie da raccontare. Talmente diverse che lei stessa si perde, risucchiata nei gorghi un'ansia impetuosa che le toglie il respiro.
Le concedo tempo, sto a sentirla e tento di isolare, nella burrasca delle parole, le paure vere che provocano sofferenza. Non molla la presa del campanello, sollecita costantemente la nostra presenza (Heather) e ci vuole lì per condividere, a suo dire, la preoccupazione di non poter provvedere al marito ed ai figli (Red Chestnut).
In realtà la diffrazione della sua ansia ci fornisce i tratti di una persona arrogante e prepotente (Vine). Io resisto alle manovre diversive con le quali vorrebbe consegnarmi una realtà conforme alle sue paure e mi ingegno a risalire la corrente fino alla sorgente della sua fanciullezza.
Un cielo senza nubi, una casa piena di sole. Affetti delicati e sogni ne abitano le stanze sotto il cielo della Sicilia. Il ferro rovente che le bruciava l'animo allontana da lei la sua incandescenza, impossibilitato a ferire, non appena i profumi familiari, di cui è pregna la memoria, diventano uno scudo efficace. Il suo animo trova istanti di riposo.
La fragranza del mandarino le ridona l'ottimismo dell'infanzia e le sue parole si fanno leggere, le gote concedono un sorriso e le mani, che prima tormentavano il lenzuolo sopra il petto, lasciano la presa e scendono lungo i fianchi, quasi a sistemare il vestito con un vezzo da bambina.
Nelle sue parole e nei suoi occhi c'è solo lui, il padre. Tenerissimamente accolto.
Rimango confuso a contatto con un passato così nitido e preciso. Lui che aveva acceso i suoi sogni è ancora oggi il suo sole. Ella è sorpresa della bellezza del momento e gode di un istante in cui tutto, dentro di lei e attorno a lei, si è chetato. Respira, ringrazia e sollecita la promessa di un ancora.
Lascio che si culli nel ricordo di un inizio così promettente, assicurandola che mai la fiducia può essere del tutto smarrita.
Dopo alcune settimane potrà rientrare a domicilio portando un peso (Pine) dal quale le sarà difficile liberarsi. Impossibile per lei che è diventata ciò che mai avrebbe voluto essere, introiettando e assecondando la presenza detestata di sua madre.
M2. è preceduta da notizie che ce la annunciano come un caso difficile. Ottantatre anni, un brutto intervento alle spalle, complicazioni successive e condizioni generali precipitate dentro un quadro acclarato di Alzheimer.
La accogliamo con attenzione e garbo ma la sua è "reazione allergica" e siamo costretti a contenerla. Condividiamo però la intuizione che la sua opposizione possa essere dettata da terrore (Rock Rose) e mettiamo in atto una presenza sistematica destinata a tranquillizzarla.
I risultati arrivano presto e così riusciamo nel breve di qualche giorno a liberarla dalle contenzioni instaurando con lei un rapporto disteso nel quale giocano un ruolo fondamentale gli interventi destinati a controllare bene il dolore.
La aiutiamo ad avere ragione delle paure di perdersi e di impazzire che le stringono l'animo (Cherry Plum) originando ansie pomeridiane terribili. Proviamo a vincere l'assedio di pensieri di gelosia e sospetto (Holly) che la rendono rabbiosa e insopportabile, quando percepisce la solitudine.
Si lascia trasportare volentieri per i corridoi e nell'incontro serale con i familiari non presenta più quegli atteggiamenti oppositivi al limite della ingestibilità.
Quando rimango con lei accanto al letto riesce anche a lasciarsi andare a momenti di riposo ristoratore ridestandosi più serena e bendisposta. In certi momenti è come un bambino stremato che non riesce a prendere sonno.
Non ha un carattere dolce, è puntigliosa e non disposta a cedere (Vine) ma, dietro la scorza dura delle sue reazioni, presenta angoli non presidiati, dai quali si può passare. Casa e giardino!
Dirigo su questi l'attenzione lasciando scorrere il suo racconto, pur trovando difficoltà ad ordinarlo coerentemente. Lì batte il suo cuore!
I colloqui con la figlia mi forniscono le corrette coordinate spazio temporali e ci sorprendiamo entrambi della vivacità delle immagini e dello strambo puzzle nel quale sono ricomposte (Clematis).
Al ridestarsi dei ricordi trascorre un pomeriggio tra i fiori e le piante, dimentica del suo essere distesa su una carrozzina basculante. Ci spostiamo nelle stagioni scegliendo il tempo per potare, rinvasare, battagliare con gli insetti. Fa morire d'invidia la vicina mentre passiamo in rassegna le fronde degli alberi dalle vetrate del corridoio, all'altezza dei nidi.
Il migliorare delle condizioni generali acuisce, fino a diventare struggente, il suo desiderio di tornare a casa. La soluzione che si rivela più adatta a lei è quella di un trasferimento in RSA, con disponibilità di un Nucleo Alzheimer.
Il giorno prima del congedo la accompagno a vedere le ortensie paniculate nel parco dell'ospedale, dopo aver provveduto ad accendere la sua curiosità, descrivendole come una rarità.
Ricordo il suo sguardo confuso e la mano allungata, pronta a stringere un desiderio, come un bambino. Ne tastò la consistenza, ne percepì la frescura, ne carpì un sentimento vellutato che mi auguro abbia reso più morbidi i suoi successivi giorni.
M3. conosce bene l'ospedale e ha appena compiuto 86 anni. Una famiglia premurosa attorno, un marito pignolo e scorbutico, day hospital e ricoveri sistematici fino a che non risulta più possibile continuare l'andirivieni abituale.
La incontro qualche giorno dopo il ricovero, ancora sofferente per le difficoltà che si presentano ai medici nel contrastare le punte apicali di dolore.
La figlia, passa tutto il pomeriggio in camera con lei, e tenta di convincerla con abbondanti assicurazioni della provvisorietà di un ricovero in un posto che la terrorizza (Rock Rose). Non vuole essere mobilizzata perchè questa manovra le acuisce i dolori.
Trascorre i primi giorni visitata da una paura cui non riesce a dare un volto (Aspen) ed è infastidita da pensieri che non la abbandonano neppure la notte. (White Chestnut) aumentando i battiti del cuore e provocandole un'intensa sudorazione.
Nei giorni successivi la fortuna le assicura momenti di benessere e le sue ore si fanno più leggere, convincendola della brevità della sua permanenza piuttosto che della instabilità della sua reale condizione.
Pian piano intende riprendere le sue attività pomeridiane anche se le forze stentano a sostenerla (Olive).
La figlia accondiscende al desiderio della madre e la camera si riempie presto di nastrini, stoffe, aghi, fili, spilli, gessetti e forbici. Un laboratorio nel quale le loro mani danno forma ad un modello di gatto a struscio da collocare dietro lo spigolo di una porta, appoggiare al vetro dietro la tenda, distendere sul pianoforte, imbucare sul divano o lisciare in fondo al letto.
Una memoria di gesti collaudati, espressione di una serenità ritrovata dentro un animo che culla sogni domestici.
E al sogno segue anche la realtà di un mattino che la vede rientrare a casa, dopo aver salutato medici, infermieri e volontari riservando a ciascuno parole di sincera gratitudine.
Achille Tironi
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