I FIORI DI BACH E LA DETERMINAZIONE DEL CUORE

I Fiori di Bach e la determinazione del cuore

di Achille Tironi - Volontario AHMIS (Amici Hospice Malattie Infettive Sacco)



La vidi una prima volta distesa nel letto, appoggiata sul fianco sinistro sotto un copriletto bianco che l'avvolgeva fino alle spalle. I capelli erano trascurati e una smorfia del viso rendeva manifesta la difficoltà nel respiro, sostenuto con ossigeno. I lineamenti, levigati nel pallore, avvertivano di una esistenza provata ma anche di una resistenza impavida.
Gli occhi erano chiusi e le palpebre scosse a tratti da un tremito che coinvolgeva tutta la sagoma raccolta come una falce di luna. Oltre il gorgoglio dell'ossigeno niente altro in quella stanza si sovrapponeva al ritmo ansioso del respiro. Le tendine socchiuse consentivano allo sguardo di cogliere un disordine motivato dalla consapevolezza di aver provveduto in fretta all'essenziale: tutto il resto poteva attendere che la paziente si riavesse dalla prostrazione provocata dal trasferimento.
Mi ritirai con la leggerezza dello sguardo spegnendo sul mio volto il sorriso che avevo riservato al primo incontro con i suoi occhi.
Mi avevano descritto, con parole adatte alla mia comprensione, la situazione di questa donna quarantenne e quindi ero consapevole di che cosa si celasse dietro quell'asettica definizione di "prognosi infausta", con la quale era stata accolta presso il nostro reparto.
Il male l'aveva aggredita al punto che ormai le teneva stretto la gola e non le dava pace. Dopo una serie di interventi e di terapie aveva trascorso un periodo in assistenza domiciliare e il suo compagno D. le era stato sempre più vicino, abbandonando il lavoro pur di assisterla giorno e notte.
A. portava su di sé i segni di un intervento chirurgico che le aveva permesso fino a quel momento di respirare: la valvola, fissata al collarino, per un certo periodo aveva dato fiato non solo ai bronchi ma anche alla sua anima, consentendole di ricamare ancora giorni di intense emozioni dentro gli spazi familiari, accanto alla persona e alle cose che avevano sostenuto il suo sogno di felicità.
Qualche momento più tardi, all'imbocco dell'ascensore, il mio sguardo incontrò quello di D. che entrava con passo deciso, le borse appese, e gli occhi più veloci della bocca nel chiedere: "Dorme ancora?".
Non voleva lasciarla sola in quel momento e, tolta qualche ora del mattino che lo vedeva correre a casa per la cura personale e il disbrigo di qualche faccenda di cui è sempre piena la cassetta della posta, questa sarà la sua primaria occupazione nei mesi di degenza di A.
Consegnate le medicine alla infermiera, frenato il galoppo dei sentimenti, rispose con un sorriso senza sponde al mio saluto. Qualche momento più tardi, accostati al muro, lasciando libero il corridoio, accolsi la piena delle sue confidenze e, avvolto nei gorghi della sua premura e delle sue paure, non riuscii a rendermi subito conto della evidenza più bella e importante: la determinazione del suo cuore.
La sera, poco prima di lasciare il reparto, entrando nella stanza per salutare gli ospiti, incrociai lo sguardo di A. ancora molto provata. Mi ritirai certo che avesse percepito, nella affabile risposta di D., una mia attenzione nei suoi confronti pronta a sbocciare ed essere colta come un fiore di campo.
Nei giorni successivi ebbi modo di avvicinarmi a loro e proporre nella ciotola, sul davanzale ormai pieno di libri e di innumerevoli altre cose, una serie di Fiori che aiutassero entrambi a tenere conto di una realtà (Clematis) più spigolosa e pungente dei sogni, eppure grandiosa per quello che aveva saputo fare di loro.
Ritenevo, inoltre, di poterli aiutare a liberarsi da quell'atteggiamento di complicità volto a relativizzare il loro problema (Agrimony), quasi a nasconderlo l'uno all'altro, per poi portarne da soli il peso interiore.
Serviva anche una protezione nei confronti della paura per imparare a conviverci senza temere di perdere l'autocontrollo (Cherry Plum). Quando ci si ostina a non guardarla in volto come possibilità e limite che ci accompagna si finisce poi per temerne ad ogni istante l'assalto, senza mai poter godere di un effettivo rilassamento.
Insieme a Maria Chiara decidemmo anche di aggiungere altri due Fiori per aiutare A. ad affrontare la nuova tappa della sua esistenza, quella ultima e più difficile (Walnut) staccandosi con leggerezza da ciò che in lei poteva generare sofferenza.
Intendevamo anche offrirle la possibilità di guardare con occhio limpido al proprio corpo segnato dalla malattia (Crab Apple) ma ancora adatto ad esprimere la sua personalità.
Seguirono giorni decisamente amabili e Settembre accendeva i colori di una natura rigogliosa: ci inoltrammo insieme diverse volte nel parco e, raggiungendo il laghetto con i germani e le carpe, contemplavamo in silenzio le ninfee che oramai avevano preso il sopravvento nel piccolo specchio di acqua.
A. si mostrava divertita per queste passeggiate sulla carrozzina e assorbiva i raggi del sole insieme alle coccole di D. mentre questi rivoltava con noi le pagine di una vita insieme, iniziata e condivisa negli studi televisivi, lei come segretaria di produzione e lui come tecnico delle luci.
Godeva di questo racconto e del significato che D. conferiva allo stesso: la malattia li aveva strappati a questa ribalta fatta di luci, amicizie, incontri e li aveva obbligati a ricercare la gioia di una intimità scandita giorno per giorno senza interrogarsi sul futuro.
Le scelte erano venute di conseguenza, condividendo di volta in volta le priorità che il cuore e le emozioni illuminavano davanti ai loro passi.
Nei momenti passati in stanza A. godeva nel colorare fotocopie di gattini di cui aveva tappezzato la camera e che regalava alle infermiere. Ancora oggi, nel locale dei farmaci, sono appesi al muro alcuni Mandala che lei ha voluto lasciarci in ricordo.
Arrivarono troppo presto giorni difficili nei quali si fece evidente la preoccupazione dell'uno per l'altro (Red Chestnut) e, in D., anche una certa severità con se stesso nel mantenere alti gli standard di attenzione e premura nei confronti di A. (Rock Water).
Verso la metà di Ottobre pertanto sospendemmo di inserire nella preparazione i Fiori Clematis e Agrimony orientando la nostra attenzione a queste nuove emozioni.
Era iniziata nel mese di Ottobre una forma di sedazione leggera per aiutare A. a superare i momenti in cui la fame d'aria diventava insopportabile. L'attenzione dei medici e delle infermiere era rivolta a farle superare queste aggressioni della malattia non altrimenti controllabili, consentendole un risveglio agli affetti che ha sempre mostrato di apprezzare e coronare con sorrisi distribuiti senza risparmio.
E così, anche con i Fiori, nei momenti di crisi abbiamo cercato di sostenere la perdita di sicurezza rinnovando in lei fiducia e speranza (Gorse), godendo del sorriso colmo di gratitudine che ritornava sul suo volto.
Quando, nelle festività di Natale, il suo cammino si volse a conclusione la aiutammo a lasciarsi andare e riposare (Oak).
A. si addormentò per sempre il 30 Dicembre alle ore 20,30. Gli occhi di D., lucidi di pianto, chiedevano consolazione mentre dispensava abbracci.

Achille Tironi


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